#Jung #Sincronicità e #IChing

CARL GUSTAV JUNG

L’I Ching è un metodo per cogliere nella sua totalità una situazione e porre quindi il problema singolo nel quadro del grande gioco antitetico di Yang e Yin.

Ora, io sapevo da tempo che esistono certi metodi intuitivi (i cosiddetti metodi mantici) che procedono sostanzialmente dal fattore psichico, ma che presuppongono come ovvia la realtà della sincronicità. In un primo tempo ho diretto particolarmente la mia attenzione su quella tecnica ausiliaria della comprensione intuitiva della totalità che è caratteristica della Cina, ossia all’I Ching. Al contrario dello spirito occidentale educato dal pensiero greco, lo spirito cinese tende non a cogliere il fatto singolo per amore del fatto in sé, ma a una concezione che vede il singolo come parte di un tutto.
Un’operazione conoscitiva del genere riesce per ovvie ragioni impossibile all’intelletto puro. Il giudizio deve quindi basarsi in misura maggiore sulle funzioni irrazionali della coscienza, ossia sulla sensazione (intesa come “sens du réel”) e sull’intuizione (intesa come una percezione definita principalmente da contenuti subliminali). L’I Ching, questa base – possiamo ben definirla sperimentale – della filosofia cinese classica, è un metodo destinato da tempi antichissimi a cogliere nella sua totalità una situazione e a porre quindi il problema singolo nel quadro del grande gioco antitetico di Yang e Yin.
Cogliere la totalità è ovviamente lo scopo anche della scienza naturale. Ma questo scopo si trova necessariamente ad una distanza assai remota, perché la scienza naturale procede, sempre che sia possibile, per via sperimentale e in ogni caso statistica. L’esperimento consiste però nel porre il problema in una maniera determinata, che esclude per quanto possibile ogni elemento non pertinente. Esso pone condizioni, le impone alla natura e in tal modo la costringe a dare una risposta orientata sul problema dell’uomo. Procedendo così, s’impedisce alla natura di rispondere attingendo alla massa delle sue possibilità e limitandole al massimo. A questo scopo si crea in laboratorio una situazione artificialmente ristretta al problema, situazione che costringe la natura a dare una risposta quanto più univoca possibile. In tal modo si esclude completamente che la natura agisca nella sua totalità illimitata. Ma per conoscerne l’azione bisogna che il problema a cui vogliamo rispondere non ponga affatto condizioni – o ne ponga il minor numero possibile – e affidi quindi alla natura di rispondere con piena spontaneità.
La procedura sperimentale nota e certa costituisce il fattore invariabile della raccolta e della comparazione statistica dei risultati. Nell’esperimento totalitario intuitivo o mantico invece non c’è bisogno di domande che pongano condizioni di qualunque genere e, così facendo, limitino la totalità del processo naturale. Nell’I Ching le monete cadono e rotolano come vogliono. A una domanda sconosciuta tiene dietro una risposta incomprensibile. Le condizioni per una reazione totalitaria sono quindi quasi ideali. Lo svantaggio però salta agli occhi: contrariamente a quanto accade nell’esperimento scientifico, non si sa cosa è successo. Due saggi cinesi cercarono nel dodicesimo secolo della nostra era [1] di rimediare a questo inconveniente, tentando – in base all’ipotesi dell’unità tutta la natura – di spiegare come concordanza significativa la contemporaneità di uno stato psichico con un processo fisico. In altre parole: essi supposero che sia nello stato psichico che in quello fisico si esprima la stessa realtà. Per verificare quest’ipotesi occorreva però, in questo esperimento apparentemente illimitato, una condizione ancora, ossia una certa forma del processo fisico, un metodo o una tecnica che costringesse la natura a formulare la sua risposta mediante numeri pari o dispari. In quanto rappresentanti di Yin e Yang, questi numeri sono propri sia dell’inconscio che della natura in forma di opposti, ossia di madri e di padri di tutto ciò che accade, e costituiscono quindi il tertium comparationis tra il mondo psichico interiore e il mondo fisico esterno. I due saggi trovarono così un metodo che permetteva di rappresentare uno stato interiore come esteriore e viceversa. Naturalmente occorreva però una conoscenza (intuitiva) del significato della figura offerta di volta in volta dall’oracolo. L’I Ching consiste quindi in una raccolta di 64 interpretazioni nelle quali è elaborato il senso di ognuna delle 64 combinazioni di Yang-Yin possibili. Queste interpretazioni danno forma alla conoscenza interiore, inconscia, che coincide con lo stato in cui si trova di volta in volta la coscienza. Con questa premessa psichica coincide il risultato casuale del metodo, ossia i numeri pari e dispari che risultano dalla caduta delle monete [2] o dalla suddivisione casuale dei gambi di achillea (vedi oltre).
Come in tutte le tecniche divinatorie, ossia intuitive, il metodo e basato sul principio del nesso acausale o sincronistico. Nell’esecuzione pratica dell’esperimento si verificano effettivamente numerosi casi illuminanti per chiunque non sia prevenuto, casi che dal punto di vista razionale, e operando una certa violenza, si potrebbero spiegare solo come proiezioni. Ma se si ammette che sono realmente ciò che sembrano, allora si tratta di coincidenze significative per le quali la nostra conoscenza non ha spiegazioni causali da offrire. Il metodo consiste in questo: o si dividono arbitrariamente 49 gambi di achillea in due metà, e si conta per tre o per cinque, oppure si gettano tre monete [2], e la predominanza di volta in volta del valore numerico del recto e del verso, ossia testa (tre) e croce (due), decide la forma dell’esagramma. L’esperimento è basato su un principio triadico (due trigrammi) e consiste in 64 mutazioni che corrispondono ad altrettante situazioni psichiche. Queste situazioni sono minutamente descritte nel testo e nei commenti che lo accompagnano.
(tratto da “La sincronicità”, Biblioteca Bollati Boringhieri, pag. 49-51)

NOTE
[1] probabilmente Jung si riferisce a Re Wen ed al Duca di Zhou, tradizionalmente ritenuti i redattori del testo classico dell’I Ching, ma in tal caso si tratterebbe di personaggi del dodicesimo secolo avanti Cristo e non “della nostra era”.
[2] vedi in proposito l’articolo “Come utilizzare lo Yi Jing

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